
QUI il Foglietto in Pdf.
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COMUNICATO STAMPA di CARITAS Cittadina del 2 aprile 2022
Il Consiglio della Collaborazione pastorale di Castelfranco Veneto, riunito in via straordinaria insieme ai consigli pastorali parrocchiali in data 7 marzo u.s., dopo articolata discussione in merito alla grave situazione che vede vittime milioni di persone, e prodottasi a seguito della invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha deciso, per affrontare con metodo e continuità nel tempo, questa Emergenza Umanitaria e testimoniare concretamente l’impegno dei Cristiani e degli uomini di buona volontà di Castelfranco, disponibili, ha stabilito:
La costituzione di una “Unità di Crisi per la Carità” della Collaborazione Pastorale di Castelfranco, costituita da operatori della Caritas Cittadina, altri operatori delle parrocchie della collaborazione e
rappresentanti del mondo del Volontariato della Castellana, con la finalità di avviare e coordinare il sistema di aiuti che la collaborazione pastorale riuscirà a sviluppare da sola e/o in sinergia con altri gruppi, associazioni, Enti;
Un primo piano di interventi ha previsto una Raccolta Fondi effettuata domenica 13 marzo. Nelle Chiese della Collaborazione sono stati raccolti 22.840 Euro.
Viene data la possibilità di effettuare dei versamenti/ bonifici a Castellana Solidale con i benefici fiscali di legge con la causale “ Emergenza Ucraina” su IBAN IT37H0306909606100000164012 ; sono finora pervenute n. 62 donazioni per un importo di 23.078 Euro.
E’ stata avviata una Raccolta di :
Alimenti a lunga conservazione, ( cibo in scatola, alimenti per bambini, biscotti), pannolini, assorbenti; Farmaci di fascia C ,acquistabili in farmacia senza ricetta, con scadenza superiore a 6 mesi;
Materiale didattico : quaderni, penne album da disegno, pennarelli, ect
Accoglienza profughi :
E’ l’operazione più complessa che ha visto in azione l’Unità di Crisi appena costituita. Una decina di famiglie di Castelfranco hanno già espresso la loro disponibilità ad accogliere nella propria abitazione 1 persona più 1 o 2 minori; eventuali nuclei familiari più numerosi potrebbero trovare collocazione presso strutture parrocchiali della Collaborazione; siamo in collegamento con la Caritas Tarvisina e gli Enti
( Prefettura di Treviso , Provincia e Comune ), preposti a coordinare il sistema di accoglienza diffuso.
Le famiglie che si sono rivolte alla Caritas Cittadina per aiuti alimentari,materiali e/o economici in quanto ospitano,di loro iniziativa, donne e minori di nazionalità Ucraina; sono 17 ed il loro numero continua a salire. Ieri sera ha trovato ospitalità presso la ex casa delle suore, in Vicolo del Cristo, un nucleo familiare composto da una coppia ed i loro 3 figli minori , un’altra è accolta presso la canonica di Salvarosa, 4 famiglie sono inserite in famiglie che ci avevamo comunicato la loro disponibilità.
Si sono resi disponibili altri due stabili all’interno delle canoniche di Salvatronda e di Sant’Andrea O. M. per nuclei familiari di 4/5 persone.
Sabato 9 aprile ci sarà una raccolta straordinaria di alimenti presso la Coop, il supermercato Crai di Borgo Treviso e altre strutture che stanno formalizzando la loro adesione.
Altre iniziative :
Assicurare la nostra vicinanza ed il nostro sostegno alle persone di nazionalità Ucraina che risiedono nel nostro territorio;
Cercare di mettere a disposizione un’informazione che aiuti a capire più in profondità quanto va accadendo e le sue motivazioni, in Ucraina ed in tanti altri luoghi di conflitto da anni presenti nel nostro pianeta…
Come contribuire :
1) Segnalando eventuali disponibilità di ospitalità o di alloggi da concedere in locazione a titolo oneroso;
2) Consegnando alimenti a lunga conservazione al Centro di distribuzione della Caritas Cittadina ; Il materiale può essere consegnato presso il Centro di Distribuzione della Caritas Cittadina tutti i giorni feriali dalle ore 9,00 alle ore 11,30; per altri orari concordare con la segreteria 0423724652;
3) Offrendo parte del proprio tempo per servizi di trasporto, accompagnamento, baby sitting, commissioni;
4) Sostenendo economicamente le azioni di accoglienza attraverso bonifici a “Castellana Solidale” con i benefici fiscali di legge con la causale “Emergenza Ucraina” su IBAN IT37H0306909606100000164012
Per segnalazioni e/o contatti: telefono 0423723702 dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 12,00 oppure lasciare un messaggio in segreteria telefonica.
Mail cdascolto.castelfranco@gmail.com solo per emergenze 3488752641
Poiché si tratta di affrontare una emergenza umanitaria di medio lungo periodo e che risulta particolarmente impegnativa , stimiamo infatti che a Castelfranco Veneto, siano già presenti oltre 80 persone provenienti dall’Ucraina a seguito degli eventi bellici, facciamo appello alle organizzazioni sociali, associazioni, gruppi informali, comitati di quartiere perché partecipino nelle diverse forme a questo sforzo umanitario, testimoniando ancora una volta la grande generosità e solidarietà che contraddistingue la comunità civile di Castelfranco Veneto.
Si è tenuto, Domenica 16 gennaio 2022, l’Incontro di formazione per operatori Caritas e simpatizzanti, presso il Centro “don E. Bordignon” di Castelfranco V.
QUI trovi il pdf della relazione di Sorella Antonella Fraccaro, delle Discepole del Vangelo.
Ecco il testo della Relazione svolta in occasione della ASSEMBLEA DIOCESANA annuale delle Caritas parrocchiali.
QUI il testo in Pdf.
UNA CHIESA POVERA PER I POVERI
Le letture bibliche proposte per questa domenica hanno messo in risalto la figura di due vedove povere. La loro storia l’abbiamo appena ascoltata. Nella storia di Dio non ci sono personaggi minori. La vedova e l’orfano non sono una coreografia, per dare risalto agli attori principali. Esse diventano per noi limpidi esempi di fede e di amore. Spesso ciò che ai nostri occhi appare lontano e senza importanza, diventa strumento di Dio per la salvezza del fratello, come lo è stata la vedova di Sarepta, una donna straniera.
Ma vorrei dirvi di più, e quanto vi dico deve rimanere come icona della giornata che stiamo vivendo. Queste donne sono immagine e figura di Cristo povero e umile, di lui che non ha trovato la sua salvezza nell’uomo e nella sua potenza, ma ha messo tutta la sua vita in Dio, abbandonandosi interamente all’amore misericordioso e previdente del Padre. Cristo, come la vedova del Vangelo, “mediante il sacrificio di se stesso” è entrato nel santuario, quello vero, “per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore”. Non dobbiamo più versare alcuna moneta, alcun prezzo, per varcare la soglia del tempio. Gesù, diventato povero per arricchirci con la sua povertà, non ha esitato a “gettare tutta la sua vita” nelle mani del Padre, senza trattenere nulla per sé. Così ha condotto anche noi dove lui è.
A immagine di Cristo povero deve essere anche la Chiesa. Essa non vive per se stessa, non sta al mondo per “passeggiare in lunghe vesti, ricevere i saluti nelle piazze, avere i primi posti nei banchetti,, ma per offrire la propria vita, come Cristo. È I’imperativo che sgorga limpido e chiaro dall’Eucaristia che abbiamo appena celebrato: «Fate questo in memoria di me»: diventare pane che si spezza per sfamare la fame delle moltitudini. «Non ho nulla, solo un pugno di farina, e un po’ d’olio, per me e mio figlio».
«Non temere, il Signore, Dio d’lsraele, non ti farà mancare di nulla».
E come sarà una Chiesa povera per i poveri?
ll patriarca Marco Cè, un uomo, un cristiano, che con il passare degli anni si è fatto pura trasparenza del mistero di Cristo, risponde: «Una Chiesa più contemplativa, la cui identità sta nel suo sguardo fisso nel suo maestro, ai suoi piedi, orante, serva e innamorata, umile e mansueta, povera perché lui è povero; una Chiesa sui suoi sentieri, i sentieri della fedeltà alla sua Parola, la pura parola del Vangelo; una Chiesa che predilige i poveri perché lui li predilige; che lo segue fino alla croce come ha fatto Maria. Perché una Chiesa che è amore? perché una Chiesa che privilegia i poveri? Che lava loro i piedi? Che ama i peccatori e mangia con loro? Che invita gli ultimi al banchetto della sua festa? Perché l’impegno sociale e politico nel territorio? La ragione non sta nei poveri o nella giustizia: la Chiesa deve combattere la povertà e lottare per la giustizia…ma perché? perché contempla il suo Signore e per fedeltà a lui, perché lo ha scelto e lo segue come una Sposa fedele su tutte le sue strade». (Marco Cè, servire l’uomo, costruire la storio, Venezia 1992, p. go-g1).
Entriamo ora in modo ordinato nel nostro tema di questa mattina.
1. ll 16 novembre 1965, pochi giorni prima della fine del Concilio Vaticano ll, nelle catacombe di Domitilla a Roma, un gruppo di 42 padri conciliari, soprattutto latino-americani, chiedendo a Dio la grazia di “essere fedeli allo spirito di Gesù, firmarono un documento che invitava tutti i “fratelli nell’episcopato” a portare avanti una “vita di povertà” e a lavorare per una Chiesa ,’serva e povera”. Nel documento si leggono promesse come «dare tutto il tempo, la riflessione, il cuore, i mezzi al servizio apostolico e pastorale del lavoro e dei gruppi economicamente più deboli e sottosviluppati». ln altri passaggi i vescovi assicurano: <<Cercheremo di vivere secondo il modo ordinario della popolazione, per quanto riguarda I’alloggio, il cibo, e i mezzi di trasporto», «affideremo la gestione finanziaria della nostra diocesi a una commissione laica», <eviteremo ciò che può sembrare conferire privilegi», «saremo aperti a tutti, qualunque sia la loro religione».
Questo documento passò alla storia come “il patto delle catacombe”.’ln esso i vescovi si impegnavano a vivere in povertà, a rinunciare a tutti i simboli e ai privilegi del potere e a mettere i poveri al centro del loro ministero pastorale. ll testo ebbe una forte influenza sulla “teologia della liberazione” che sarebbe sorta negli anni seguenti.
2. Seguendo le orme di questi padri conciliari, un gruppo di partecipanti al Sinodo sull’Amazzonia, svoltosi a Roma nel 20L9, vescovi e laici, hanno voluto nuovamente rinnovare questo patto”per una Chiesa povera e servo, profetico e samaritana”.
ll cardinale Hummes, presiedendo l’eucaristia nelle catacombe di Priscilla il giorno in cui è stato firmato il nuovo patto, ha affermato che la Chiesa «deve sempre ritornare alle proprie radici» e i firmatari del nuovo patto hanno ricordato che “condividono la gioia di vivere in mezzo a numerose popolazioni indigene, ad abitanti delle rive dei fiumi, a migranti e a comunità delle periferie”. Con loro hanno sperimentato “la forza del Vangelo che opera nei più Piccoli”. “L’incontro con questi popoli – si legge nel documento – ci interpella e ci invita a una vita più semplice e di condivisione e gratuità, e ad assumere, davanti all’ondata del consumismo, uno stile di vita gioiosamente sobrio”.
3. Due mesi prima del “patto per una chiesa serva dei poveri”, papa Paolo Vl si era recato per primo nelle catacombe di Domitilla e aveva affermato: «Qui il cristianesimo affondò le sue radici nella povertà, nell’ostracismo dei poteri costituiti, nella sofferenza di ingiustizie e sanguinose persecuzioni; qui la Chiesa fu spoglia di ogni umano potere, fu povera, fu umile, fu pia, fu oppressa, fu eroica. eui il primato dello Spirito, di cui parla il Vangelo, ebbe la sua oscura, quasi misteriosa, ma invitta affermazione, la sua testimonianza incomparabile, il suo martirio».
4. L’impegno assunto dai padri conciliari nel 1965 è stato anche uno dei primi auspici espressi da papa Francesco subito dopo la sua elezione. ll 16 marzo 2013, ricevendo i rappresentanti dei media nell’Aula Nervi, affermava: «Come vorrei una Chiesa povera per i poveri!».
Qualche tempo dopo, in una lettera inviata al Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, invocava un ritorno alle radici: «ln un modo lacerato dalla logica del profitto che produce nuove povertà e genera la cultura dello scarto, non desisto dall’invocare la grazia di una Chiesa povera per i poveri. Non è un programma liberale, ma un programma radicale, perché significa un ritorno alle radici. ll riandare alle origini non è ripiegamento sul passato, ma è forza per un inizio coraggioso rivolto al domani. È la rivoluzione della tenerezza e dell’amore».
5. Care amiche e cari amici, credo che nqi non siamo stati convocati qui oggi per sentire discorsi, ma per coinvolgerci sempre più in questa rivoluzione della tenerezza e dell’amore.
5. L’espressione “Chiesa dei poveri” non è di oggi, ma ha una sua precisa collocazione ecclesiale, prende ispirazione da un radiomessaggio di Giovanni XXlll dell’11 settembre 1962, un mese prima dell’apertura del Concilio.
«ln faccia ai paesi sottosviluppati la Chiesa si presenta qual è e quale vuole essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri».
Papa Giovanni mutua I’espressione “Chiesa dei poveri” dal card. Suenens che nel luglio 1952 gli aveva sottoposto un progetto per il Concilio.
7. ll cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, esperto liturgista, nonostante fosse impegnato al Concilio sulfronte della riforma liturgica, sostenuto da don Giuseppe Dossetti che ispirò e scrisse iltesto, decise di intervenire durante la 35^ congregazione generale pronunziando un.discorso dove espose il problema della identità della Chiesa in una prospettiva inattesa.
Respingendo in tutto lo schema preparato dalla Curia, affrontò con vigore la povertà della Chiesa, proponendo una visione essenzialmente biblica della Chiesa stessa e suggerendo che tutta la trattazione fosse finalizzata al superamento della drammatica alterità dell’epoca contemporaneatra la Chiesa e l’immenso popolo dei poveri.
8. «Lo scopo del mio intervento – disse – è di richiamare I’attenzione, ancor più di quanto non sia già stato fatto, su un aspetto di questo mistero di Cristo nella Chiesa che mi sembra non solo perennemente essenziale, ma anche di suprema attualità storica. nei poveri. in quanto la Chiesa, come ha detto il santo padre, se è la Chiesa di tutti, oggi è particolarmente “la Chiesa dei poveri”.
Noi non faremo il nostro dovere, non sapremo intendere con animo aperto la volontà di Dio e l’attesa degli uomini su questo Concilio se non metteremo al centro a un tempo del suo insegnamento dottrinale e della sua opera di rinnovamento, il mistero di Cristo nei poveri, I’annunzio dell’Evangelo ai poveri.
Se il tema di questo Concilio è la Chiesa, si può e si deve precisare che la formulazione più conforme alla verità eterna del Vangelo e insieme più adeguata alla situazione storica del nostro tempo è proprio questa: il tema del Concilio è la Chiesa, in quanto particolarmente Chiesa dei poveri, di tutti i milioni e milioni di singoli uomini poveri, e collettivamente dei popoli poveri di tutta la terra» (G Lercaro, Per la forzo dello Spirito, EDB Bologna 1984, p. 114).
9. ll discorso di Lercaro ottenne una certa risonanza all’interno e al di fuori dell’aula conciliare, ma non fu accolto il suggerimento di considerare la povertà come tema prospettico del Vaticano ll. E modesti furono gli echi nei documenti conciliari, che troviamo soprattuttoin Lumen gentium,8 e in Ad gentes,5.
«Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza».
«È necessario che la Chiesa, sempre sotto I’influsso dello Spirito di Cristo, segua là stessa strada seguita da Cristo, la strada della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte». Lercaro diede anche delle indicazioni molto concrete, perché il suo intervento non fosse solo di parole: Ricordando quanto disse l’Apostolo Pietro al paralitico: <<Non ho né oro né argento»», propose di porre un limite all’impiego dei mezzi materiali; un nuovo stile di vita delle autorità ecclesiastiche; la fedeltà non solo individuale ma anche comunitaria alla santa povertà delle famiglie religiose; la liquidazione degli avanzi storici di strutture patrimoniali che ingombrano come residui di un feudalesimo ormai del tutto tramontato.
10. Lercaro fece incidere sull’altare della cattedrale di Bologna queste parole: «Se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?».
Traggo dalle sue omelie sui poveri, sempre radicate nel Vangelo e nei Padri della Chiesa, alcune provocazioni: «Dobbiamo dire ai poveri che è venuto il momento in cui possono sedersi a tavola. Dobbiamo andare da Lazzaro che attende fuori dalla porta e aspetta le briciole e dire: “Vieni a tavola con noi”.
Non possiamo disonorare i poveri, la loro eminente dignità domanda il nostro rispetto, e lo esige, come lo esigeva Gesù, fattosi povero».
«È anche una povertà di potere che la Chiesa deve cercare, deve avere. La Chiesa è tentata anche di cercare un potere terreno, una capacità di influenza: il senso della povertà nella Chiesa deve abbracciare tutto questo».
11. ll “mistero” dei poveri e della povertà della Chiesa risulta essere stato, fino ai giorni nostri, una prospettiva – se si eccettuano le Chiese del Sud del mondo – ancora marginale nei pronunciamenti del magistero, nell’impegno di evangelizzazione e nella riflessione teologica prodotta nelle Chiese.
Occorrerà attendere la “rivoluzione della tenerezza e dell’amore” di papa Francesco per venire risvegliati dal nostro profondo torpore.
Una disattenzione che paghiamo con un ulteriore e doloroso distacco delle moltitudini di poveri dalla Chiesa. Non posso riassumere in questa sede il profondo e insistente magistero del papa su poveri e sulla Chiesa povera.
Mi limiterò allora a sottolineare alcune pagine significative, tratte principalmente dalla esortazione apostolica “Evongelii goudium” e dalla enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale “Fratellitutti”.
12. Vorrei però fermarmi prima su alcuni aspetti del nostro agire da cristiani che mi sembrano oggi di particolare importanza. lntendo innanzitutto sottolineare la necessità di un dialogo tra fede e cultura e tra fede e storia. Priva di questa feconda interdipendenza, ogni nostro impegno in ordine alla Chiesa e ai poveri, diventa difficile e aleatorio. lntendo dire: il mistero di Cristo nella Chiesa sempre è stato, ed è, ma oggi è particolarmente il mistero di Cristo
13. Fede e cultura’ «Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta (Giovanni Paolo ll, 20 maggio).
Ancora oggi vedo in questo uno dei nodi irrisolti della nostra pastorale ordinaria. Facciamo tante cose, ma la cultura rimane fuori dalle nostre occupazioni quotidiane. Non parlo solo di cultura teologica, o biblica, o spirituale’ Parlo anche della riflessione, a più voci, del mondo laico e cattolico, che ci aiuti a comprendere questo mondo, ad abitarlo, e a cercare di trovare, assieme a tanti, I’esile sentiero di una speranza per tutti e della saggezza necessaria per vivere. ll rapporto chiesa -mondo, chiesa -cultura riesce a fatica a trovare un equilibrio. Talvolta la chiesa ha tentato di invadere il mondo, occupandone tutti gli spazi, e questo si chiama clericalismo, altre volte è il mondo che ha voluto dominare la Chiesa, imponendole il suo linguaggio e il suo stile di vita, o perseguitando i suoi membri, fino al martirio. In una situazione di conflitto e di tensione siamo stati tentati di reagire con due modalità perdenti: I’apologetica e il fondamentalismo. sono strategie che non riescono a scostarsi da un piano puramente formale e che, spesso, si palesa come una volontà di dominio sulla società, nel disperato tentativo di recuperare il sogno di una cristianità ormai perduta.
Care amiche e cari amici, siamo chiamati ad abbandonare in fretta il sospetto e la contrapposizione al mondo e alle sue ragioni, cercando invece una “simpatia” nel modo di accostarci alle culture.
«Già il concilio aveva definitivamente mutato l’atteggiamento della chiesa verso la modernità: non più il sospetto o il rifiuto, ma il dialogo e la profezia
È tempo di dare seguito a quel processo di confronto fiducioso e intelligente con la società. Mentre emergono qua e là estremismi, che usano la violenza per affermare le proprie idee, la comunità ecclesiale, tutta intera, porta il contributo costruttivo della mediazione e della pace, della razionalità e della carità, costruendo punti di comprensione con tutti e prendendo sul serio le domande antropologiche fondamentali» (card. Gualtiero Bassetti, Assemblea generale della CEl, 25 maggio ZOZll.
ll ruolo attuale dei credenti, in una società di potere e di denaro, è quello di promuovere ciò che non si può inculcare e imporre, ma solo suggerire e proporre nella gratuità. È la “rivoluzione della tenerezza e dell,’amore.
14. ‘ Vangelo e storia’ Molti lamentano la riduzione della pastorale alle attività della parrocchia, la profezia della carità a qualche iniziativa benefica, la forza della evangelizzazione all’annuncio di una dottrina o all’insistenza su alcuni temi della morale, la bellezza santificante della liturgia ad una ritualità ripetitiva e stanca.
ll mondo, con le sue tensioni, i suoi drammi, i suoi conflitti, sembra assorbito in sporadiche emozioni suscitate dalla cronaca e da superficiali e generiche preghiere dei fedeli, confezionate da anonimi autori nei foglietti della domenica. Preghiere buone per tutte le stagioni, in tutte le latitudini. Viene meno, nell’azione pastorale,, l’attenzione alla storia, quella nella quale siamo immersi.
«Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri» (Francesco, Fratelli tutti, n.96).
Credo che la mancanza di senso storico sia uno dei motivi più gravi della crisi attuale della Chiesa. Vi faccio notare che la fede ebraico -cristiana nasce da una lettura della storia: basti pensare alla vicenda dell’esodo, alla predicazione dei profeti, alla incarnazione del Figlio di Dio . La nostra fede è “una rivelazione nella storia e una storia come rivelazione”. ll regno di Dio è un evento che accade in una storia, liberata e riconciliata dalla potenza dello Spirito del Risorto. lnvece, non sempre, ma spesso, nell’orizzonte dei nostri pensieri e delle nostre occupazioni pastorali è completamente assente la storia. Quella drammatica provocata dalla pandemia, dalla quale stiamo uscendo a fatica, con gli effetti devastanti sulla salute, il lavoro, I’economia, le relazioni, le difficoltà psicologiche di ragazzi e giovani, il dramma di tante famiglie, la solitudine degli anziani, i femminicidi, I’aumento esponenziale dei casi di suicidio.
E poi I’altra storia: l’interminabile conflitto in Medio oriente, la guerra in Siria, nello Yemen, in molti paesi dell’Africa; le minacce alla pace, il proliferare dell’industria delle armi, la devastazione provocata dalle inondazioni, dalla siccità, dai terremoti, dalle cavallette, l’emergenza del clima e il dissesto ecologico. E poi ancora, le decine di migliaia di morti nel Mediterraneo, ma anche l’umiliazione e la sofferenza inaudita delle migliaia di persone che hanno tentato di raggiungere I’Europa attraverso la “via balcanica”e che abbiamo fermato con i nostri muri di cemento e con devote catene di rosari.
Vi domando: tutto questo non c’entra con la pastorale? Non sta nel tema di una chiesa povera per i poveri’? Non è una questione primaria che interessa I’annuncio del Vangelo?
Scrive papa Francesco: «ln questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori e spettatori (…) si favorisce anche una perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione».
«Le ideologie che distruggono (o de-costruiscono) tutto ciò che è diverso hanno bisogno di giovani che disprezzino la storia, rhe rifiutino la ricchezza spirituale e umana che è stata tramandata attraverso Ie generazioni, che ignorano tutto ciò che li ha preceduti».
«Un modo efficace di dissolvere la coscienza storia, il pensiero critico, I’impegno per la giustizia, è quello di svuotare disenso o alterare le grandi parole. Che cosa significano oggialcune espressionicome democtazia, libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio, come titoli vuoti di contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi azione»r (Francesco, Fratelli tutti, n.I3- 14)’ Cosa accade nella Chiesa, quando tutto viene spiritualizzato, quando si vive come in una nuvola religiosa, e la forza liberatrice della Parola perde il suo vigore profetico? La mancanza del senso storico farà morire la Chiesa.
15. Coerentemente a quanto ho detto fin qui, provo ora a mettere in fila alcuni temi che ci possono aiutare a costruire insieme, condotti dallo spirito di Gesù, “una chiesa povera per i poveri”. «Oggi dobbiamo dire “no o un’economia dell’esclusione e delle iniquità”.Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”.
Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro».
«Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza scopo veramente umano».<<Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. L’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice».
«È necessario che riconosciamo che, se parte della nostra gente battezzata non sperimenta la propria appartenenza alla Chiesa, ciò si deve anche ad alcune strutture e ad un clima poco accogliente in alcune delle nostre parrocchie e comunità, o a un atteggiamento burocratico per rispondere ai problemi, semplici o complessi, della vita dei nostri popoli. ln molte parti c’è un predominio dell’aspetto amministrativo su quello pastorale, come pure una sacramentalizzazione senza altre forme di evangelizzazione».
«Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo».
15. È sufficiente scorrere brevemente le Scritture per scoprire come il Padre buono desidera ascoltare il grido dei poveri. Facciamo solo alcuni esempi:
«Le esortazioni bibliche invitano con tanta determinazione all’amore fraterno, al servizio umile e generoso, alla giustizia, alla misericordia verso il povero. Perché oscurare ciò che è così chiaro? Non preoccupiamoci solo di non cadere in errori dottrinali, ma anche di essere fedeli a questo cammino luminoso di vita e di sapienza. Perché “ai difensori dell’ortodossia” si rivolge a volte il rimprovero di passività, di indulgenza o di colpevoli complicità rispetto a situazioni di ingiustizia intollerabile verso i regimi politici che le mantengono».
<<La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall’amore all’essere umano, ascolta il grido per ta giustizia e desidera rispondervi con tutte le sue forze.
Ciò implica sia la collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incontriamo. Richiede di creare unq nuovo mentalità che pensi in termini di comunitù, di priorità della vita di tutti rispetto alla appropriazione dei beni da parte di alcuni».
17. <<Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che cultuale, sociologica, politica o filosofica.
Questa opzione – insegnava Benedetto XVI – è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà. Per questo desidero uno Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa».
<<Senza I’opzione preferenziale per i più poveri, l’annuncio del Vangelo, che è pur la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui I’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone».
18. Alcuni verbi ci possono aiutare a camminare sulla strada giusta per edificare “una Chiesa povera per i poveri”: Prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare.
– La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, I’ha preceduta nell’amore, e per questo essa sa fare il primo passo, so prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi.
– La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume lo vita umano, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo.
– La comunità evangelizzatrice accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere.
– La comunità evangelizzatrice sa anche “fruttificare”. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. ‘
Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova.
– La comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiore” Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo ava nti nel I’eva nge lizzazione.
L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizzo e si evangelizzo con la bellezzo dello Liturgio, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi».
Giorgio Scatto
Comunità monastica di Marango.
QUI il Foglietto in Pdf
27 aprile 2021 ore 17,30
Sede: nel palazzetto dello sport, via Vittorio Veneto, piano interrato, entrata nord.
Un po’ di storia e numeri: La mensa Caritas di Castelfranco, negli ultimi anni ha visto un costante progresso negli accessi degli ospiti. Nell’ultimo anno la mensa è rimasta aperta 363 giorni su 366. Sono stati erogati, con il contributo della CAMST di Castelfranco che ci ha regolarmente fornito gratuitamente i pasti, 5.400 pasti con una media di circa 12 accessi al giorno. Anche il servizio bagni/ docce , sino a prima della pandemia COVID 19, vedeva erogare 1000 docce l’anno.
Durante l’ultimo anno, per scongiurare possibili contagi, ci siamo visti costretti a chiudere il servizio docce e bagni e a fornire i pasti solo su confezioni da consumare fuori dalla mensa.
Questi pasti venivano consumati, con ogni condizione climatica, sulle panchine o su sugli scalini a seconda delle circostanze. Certo tutto questo non avveniva in condizioni dignitose.
In questo periodo, tuttavia, ci siamo premurati di ristrutturare ed ampliare la mensa dei poveri, e di rifare completamente i bagni con servizi moderni e adeguati. Ora sono 5 i box doccia.
Inoltre a questi servizi si aggiungerà anche il servizio di lavanderia che consentirà una sanificazione dei vestiti indossati oppure un completo ricambio.
Tutto questo è reso possibile da circa 40 volontari che aderiscono al Servizio mensa della Caritas Cittadina.